Oetztaler Radmarathon

A distanza di un mese circa, scrivo dei quattro giorni passati in Austria a fine agosto, per la precisione a Soelden, in occasione di una bellissima quanto impoegnativa granfondo inserita nel circuito del prestigio già da vari anni: la Oetztaler Radmarathon

Sono partito venerdì dopo pranzo alla volta di Soelden e per arrivarci c'è una sola strada: salire il passo del Rombo da S. Leonardo in Passiria. Tale passo è anche l'ultima salita delle gara: si tratta solo di una salitina di 29 km e 1800m di dislivello (praticamente uno Stelvio un pò facilitato dalla presenza di un tratto centrale di falsopiano)

Arrivo a Soelden nel pomeriggio inoltrato e mi sistemo in camera. In quella in parte alloggia Joachim, un ciclista tedesco (ma parla bene l'inglese), che mi è stato di grande aiuto e compagnia, vista la mia totale ignoranza della lingua tedesca.
In serata andiamo a ritirare il pacco gara e ci rechiamo a cena in uno dei vari ristoranti del paese.

Sabato, dopo la colazione alle 8.00, decidiamo di fare una passeggiata in bicicletta a Vent, una quarantina di chilometricon questa salita fatta a ritmo molto blando.

Poi nel pomeriggio mi dedico alle spese, acquistando alcuni prodotti tipici locali, e dopo una buona cena, vado a nanna.
Il giorno successivo, la sveglia suona impietosa alle 5. Colazione abbondante, preparo tutto e mi reco in griglia.
Alle 6.45 si parte. I primi chilometri vanno da Soelden ad Oezt e sono in leggera discesa o pianura. Fa ancora freddo e c'è parecchio vento: per me è stato importante sacrificare un po' di posizione pur di stare al coperto ed arrivare alla prima salita ancora pieno di energie.
La prima salita, il Kuthai Sattel è lunga, in parecchi punti le pendenze sono impegnative e molla solo nel tratto centrale. Come spesso accade nelle granfondo più affollate, si fa in mezzo a tanti altri ciclisti: salgo piano, un po' per salvare le energie, un po' perchè fare lo slalom per sorpassare gli altri partecipanti sarebbe troppo dispendioso.

Arrivo in cima in circa 1h19' (tempo non malvagio, contando che l'ho fatto davvero piano). Pipì, scatto una foto, faccio rifornimento di e riparto. La discesa dal Kuthai è velocissima: in alcuni punti si toccano i 100 km/h circa e si è spesso sopra gli 80 km/h; ma la strada è larga, pulita e mai tortuosa.

A fine discesa si passa per la periferia di Innsbruck  e ci si immette sulla strada per il passo del Brennero: questa salità è molto lunga ma sale veramente poco. Di fatto è un lungo tratto di falsopiano con alcuni strappetti. Qui è di estrema importanza trovare un gruppetto che permetta di non prendere vento e che tenga un ritmo buono ma non forsennato: quello che si risparmia o si spende sul Brennero è fondamentale per il resto della corsa. In cima al passo mi fermo e mangio qualcosa.

La discesa verso Vipiteno è un po' come la salita dalla parte di Innsbruck: poco in pendenza e da pedalare. Anche in questo caso è importante trovare un gruppo con cui dividere la discesa.

A vipiteno inizia la terza salite: il passo del Giovo. 15 km circa di salita regolare senza punte elevate ma anche senza molti punti di respiro. Presa da sola credo sarebbe davvero una bella "salita da tempo". Durante la Oetztaler è d'obbligo amministrare le ormai non tantissime energie a disposizione. Sono salito con regolarità.
Gli scorci degli ultimi chilometri meritano parecchio (come anche quelli del Kuthai e del Rombo, mentre il Brennero non mi è piaciuto proprio).
La discesa del Giovo invece è probabilmente una delle più belle discese che abbia mai fatto.
Molto tecnica e abbastanza veloce, tornati, curvoni, cambi di direzione, traffico quasi nullo e asfalto in buone condizioni: il sogno di ogni discesista!

Finita la discesa (mio malgrado) arriva lo spuracchio di giornata: il passo del Rombo.
A distanza di un mese faccio ancora fatica a descrivere tutte le emozioni, gli stati d'animo che si sono succeduti nelle 2 ore e 17 minuti della scalata.
Lo scoramento iniziale perchè la salita è ancora lunghissima e le gambe non vogliono più spingere.
Le incongite del tratto centrale in cui si cerca di riposare.
La determinazione per ripartire dopo il ristoro posto un po' dopo metà salita.
La fatica immane, l'essere al limite della sopportazione fisica e mentale, la grinta e la ricerca di ogni minima energia residua per fare gli ultimi sette chilometri fino al tunnel (circa 9% medio).
La soddisfazione di arrivare al valico.
La discesa e l'ultimo, bastardo, colpo di coda costituito dai due chilometri di strappo finale.
La lunga discesa e l'ingresso a Soelden, in mezzo a due ali di folla, con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di eccezionale...

Per finire: giornata perfetta, organizzazione perfetta.
Sto già pensando all'edizione dell'anno prossimo.

Nel frattempo mi sono arrivate le foto